sabato 25 febbraio 2012

"Il confessionale" di Don Tapirone

Fedelissimi amici, è con somma letizia che giungo anch'io all'esordio sul web.
Presentazione in stile classico: sono Don Tapirone, beneamato parroco di Célleri.
Ci volevano proprio quegli scavezzacollo dei fratelli Giammai per convincermi ad esportare sulla rete la mia rubrica un tempo cartacea, "Il confessionale".
Pietro e Ferruccio, ragazzi... Pensare che li ho avuti entrambi bambinetti nelle sale ricreative della mia parrocchia (un po' meno tra le panche della chiesa, a dire il vero...). Li ricordo benissimo, due discoli che era un piacere castigare con tutta quella serie di amabili punizioni che un sacerdote della vecchia scuola sa ben distribuire: sequela infinita di preghiere a comando, rappresentazione teatrale obbligatoria delle parabole più noiose, scappellotti mirati, energiche passate di grattugia sotto le tenere piante dei piedi... Insomma, tutte queste cosine qui. Sempre nel nome del Signore misericordioso, ci mancherebbe altro.
Ma veniamo tosto alla condivisione di qualche riflessione che mi viene spontanea dopo aver ascoltato i racconti di voi fedeli presso il mio confessionale nella Chiesa di Célleri.
L'altro giorno mi arriva un tale che chiedeva perdono perché aveva tradito la moglie. Tra l'altro si tratta di Giorgio Fantini, l'edicolante (uh già, il segreto professionale... Va be', ormai...). Insomma il Fantini si è fatto a più riprese la sorella minore del Tinti, quel tipo alto che ha l'autorimessa sulla strada di Greppio.
"Mio buon Giorgio", gli ho detto. "Con chi avresti dunque tu fornicato? Con la Tinti più giovane? La Carlina? Quella con le poppe grosse?".
E il Fantini: "Sì, proprio lei, Don Tapirone. Son tanto pentito".
Eccola allora la riflessione: guardate quanto può la fede! Far sentire in difetto un pover'uomo solo perché ha copulato con passione, insistenza e anche (a giudicare dai particolari che mi ha riferito) grande vigore, diciamo... Eh, il potere della fede! Far provare pentimento ad un triste edicolante proprio per le uniche mezz'ore di svago che si è concesso da almeno vent'anni a questa parte; vent'anni altrimenti tetri e malinconici. E' corso subito in chiesa, il Fantini, hai capito? E' venuto da me che ancora, quasi si può dire, aveva i calzoni slacciati. Perché la vergogna per quell'ignominioso tradimento lo mortificava nel profondo dell'animo. Lo faceva sentire come Adamo dopo aver mangiato il frutto proibito.
Guarda, mi dicevo, quanta fede c'è in quest'uomo, quanta fede c'è in questo Fantini. Una fede enorme. Enorme almeno quanto le poppe della Carlina Tinti, giudicando così un po' a occhio.
Ho visto quest'edicolante veramente prostrato dal dolore. Singhiozzava, il poveretto, mentre diceva: "Mia moglie non lo meritava, non lo meritava... Quella santa donna, timorata di Dio, non lo meritava".
A quel punto, riconoscendo in lui la fede sincera del peccatore pentito, mi è sembrato giusto intervenire: "Giorgio! Giorgio! Ma quale santa donna? Timorata di Dio un cazzo, se mi permetti! E che diamine, io non posso tacere oltre". E lì di getto gli ho raccontato di tutte le volte che quella "santa donna" di sua moglie, la Iole, è venuta a confessare ogni sua scopatel... ehm, volevo dire... scappatella.
Vi assicuro che il Fantini, quando è uscito dalla parrocchia, si sentiva già meno in colpa. Almeno credo, perché più che saperlo posso solamente intuirlo: sì, stranamente a quel punto il Fantini ha lasciato la chiesa in grande fretta senza darmi nemmeno il tempo di una degna assoluzione. E' corso via masticando qualche strana preghiera, credo. Perlomeno una di quelle che a me non insegnarono al Seminario. 
Ecco il premio della fede, amici. Il Signore, che tutto vede e tutto sa, ha compreso quanto veritiero fosse il pentimento del buon Fantini e dunque - per bocca di uno dei suoi umili servitori, in questo caso il sottoscritto beneamato Don Tapirone - ha voluto subito sollevarlo dal grande senso di colpa che egli provava (ingiustamente!) nei confronti della moglie Iole. Il Signore è veramente bravo, non c'è nulla da fare.
Lode al Signore.

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